giovedì 1 ottobre 2009

Samarcanda

Possiamo dividere essenzialmente ciò che ci arriva dal mondo esterno come buone sensazioni e cattive sensazioni. Entrambe si possono paragonare all'effetto che ha un'onda sulla spiaggia. L'onda si prepara nel riflusso, la vediamo da lontano, la intuiamo, e poi in un secondo ha sbattuto contro la battigia e invade la spiaggia spargendosi in ogni direzione. L'onda non va via subito, rimane un pò, a volte è breve e corta e in un attimo si è esaurita, e ritorna indietro che già un'altra onda è pronta, altre è lunga e si espande per tutta la spiaggia, ogni cosa è sommersa. La cosa importante che sappiamo di ciò che ci arriva dal mondo esterno cioè da ciò che noi non siamo ma ciò che è altro da noi, è che tutto arriva, tutto va via.

La morte di un amico lascia un vuoto in mezzo alla spiaggia. L'onda della notizia si alza violentemente fino al cielo e piomba sulla spiaggia con uno schianto secco, da far tremare la spina dorsale. In mezzo alla spiaggia si crea un buco, e l'acqua cola da questo buco giù nelle profondità dell'anima fino a intaccarci le ossa, il cuore, i polmoni, fino a lasciarci bloccati, paralizzati, senza neanche più la forza di mandare via quest'acqua velenosa con le lacrime, tutto è seccato come se si fosse esaurita la linfa.
Il vuoto della perdita si rimargina lentamente, a volte ci vogliono mesi, altre volte anni. Ma è come se al puzzle di cui è composta la tua vita avessero tolto un pezzo, anche piccolo, e sai che non importa dove potrai viaggiare o chi potrai conoscere, il puzzle rimarrà sempre incompleto.
I distacchi mortali lasciano con il groppo in gola. La morte è per sempre, fino a che il sempre non muore. E quando sia noi che il sempre sia che noi saremo morti, ma ci sarà soltanto spiaggia lunga dal mattino alla sera, nessun'onda e nessun mare, soltanto noi che corriamo nella spiaggia dentro al sole.

"Le stagioni nel sole continuano con te."

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